Una regione che non c’è

La nascita della Regione si pensava potesse rappresentare per la Calabria l’attuazione del dettato costituzionale: una “fantasia politica” per mediare esigenze diverse e anche divergenti e, soprattutto una capacità di prospettare, finalmente, reali soluzioni per venire incontro ai bisogni di una comunità invertendo la cultura della classe dominante legata al proprio potere, e dei partiti che la rappresentavano.

Essere favorevoli alla Regione era per molti di noi una scelta quasi naturale,era una esigenza liberal-costituzionale;rappresentava,ci si augurava, la fine di un piagnisteo meridionalista e l’attuazione della forma più efficace con cui dividere il potere e attuare un sistema costituzionale.

In secondo luogo ,per questa nostra sfortunata Terra, la Regione poteva venire incontro ad una esigenza democratica,intendendo per democrazia quella specifica realizzazione dell’idea di autogoverno che si dovrebbe dare con una società pluralista.

Poteva la Regione  rappresentare finalmente una nuova forma di autogoverno ove ciascun cittadino potesse veramente controllare efficacemente l’opera dei propri rappresentanti e questi conoscere meglio i problemi dei propri amministrati.

La Regione doveva essere per i calabresi una migliore forma di garantismo costituzionale; la formazione di una nuova “vera” classe dirigente attenta alle esigenze dei calabresi e meno servile alle lobbies dei potentati economici,politici e del crimine; la modificazione  profonda  delle strutture arcaiche centralizzate dello Stato che non avevano più motivo di esistere: prefetture, provincie, comunità montane, consorzi- rafforzando e ampliando il potere democratico dei comuni.

In verità non pensavamo che il maggior ostacolo alla nascita della “Regione” potesse essere nella stessa struttura dei partiti rimasti modellati alla struttura centralizzata dello Stato  e che hanno costretto la “Regione”  ad una parola priva di senso : una creazione inutile se non dannosa.

Colpa della sola classe dirigente o, anche, e soprattutto, dei calabresi a cui la scelta della classe      dirigente e’ demandata e che della propria “libertà “ dovrebbero essere i veri  custodi , pretendendola dai propri diretti rappresentanti più che da un qualsiasi governo ?

Oggi questa Regione serve solo a rafforzare il potere  dei partiti,di tutti i partiti,il potere dei leaders

nazionali e regionali ,non certo a liberare nuove energie e formare una nuova, “vera” ,classe dirigente.

Dobbiamo, dopo quarantanni dalla nascia della “Regione” amaramente constatare che questa Regione non è servita, nè così servirà mai, a riequilibrare il peso dei partiti politici nel complesso della vita regionale, né ai calabresi la capacità del proprio cambiamento. Non si pu ò sempre assistere  in omertà agli errori di queste formazioni politiche ; non si può più assistere in silenzio servile all’espandersi di una criminalità ormai insediata in larghi ambiti istituzionali delegando il tutto alle sole “forze militari” e “giudiziarie .

Se un problema così importante questi partiti politici, questa Regione non sanno affrontare é perché i cittadini calabresi alla fine premiano questi partiti, questa Regione così come sono .

In   “ questa Regione”  non ci potranno mai essere margini  di  “libertà, di democrazia, di efficienza

se si continuerà a sperperare solo dei soldi per cercare di dimostrare di aver realizzato una  Regione che non potrà mai riformare nulla. Oggi la “Regione” è solo  un test, a dimostrare se il   governo è di destra o di sinistra cioè una prova di forza all’interno di una oligarchia politica alla quale i calabresi assistono indifferenti dato che sono stati confinati come semplici spettatori in una situazione che dovrebbe invece toccarli direttamente e intimamente. E’ da questo nominalismo politico che la Calabria non potrà mai più aspirare ad un proprio riscatto da “sfasciume pendulo sul mare”.

Sergio  Scarpino  già Cons. reg.le  della  Calabria.